Exhorder – Mourn the Southern Skies (recensione)

Exhorder – Mourn the Southern Skies (recensione)

Novembre 9, 2019 Off Di fr3ng

Il 2019, in ambito thrash, sarà ricordato come l’anno delle rinascite. Ecco, infatti, anche il disco degli Exhorder.

L’ho ascoltato senza aver prima sentito o letto alcun parere e, devo ammetterlo, dopo quello dei Sacred Reich sono arrivato a premere play non senza qualche timore.

E invece, vaffanculo, sto disco è spettacolare, ragazzi. L’ho ascoltato per la prima volta mentre ero piantato in tangenziale, tornando da lavoro. La signora nell’auto di fianco mi ha guardato come si guarda uno psicopatico.

Prima dei dettagli, partirei dalle conclusioni.

Mourn The Southern Skies è quel tipo di disco che ti saresti aspettato dagli Exhorder ameno venticinque anni fa come ovvia conseguenza dei primi due (Slaughter in the Vatican e The Law), ovvero un album con una produzione eccellente. Parliamoci chiaro: per quanto gli Exhorder siano stati una band estremamente influente per il metal degli anni ’90, l’aspetto che trent’anni fa non ha permesso loro di fare il salto di qualità è probabilmente proprio la mancanza di una produzione di livello.
Per il resto, il disco va immaginato come un contenitore di riff clamorosi e di pezzi che sono già degli anthem e va apprezzato anche per la sua varietà, grazie a soluzioni che non si ripetono mai.

Gli Exhorder decidono di aprire il disco con la canzone più bella, My time, pezzo sempre veloce che non ti concede un attimo di riposo, con riffone portante leggendario, ritornello “melodico” impossibile da togliere dalla testa e mega assolo gonfio di wah. Da zero a 100 in 0 secondi.

Con il successivo, Asunder, ti riposi un po’. Si tratta di un classico pezzo groove, forse un po’ southern, per poi continuare sulla stessa falsariga con Hallowed Sound, il cui intro in blast beat inganna però l’ascoltatore.

La quarta traccia, Beware the Wolf, riprende molto lo stile e le velocità di Slaughter In The Vatican, mentre Yesterday’s Bones sembra quello che io in genere chiamo “canzone per le radio”. In effetti quest’ultimo mi piace un po’ meno degli altri.

All She Wrote è tutta in midtempo, con una costante doppia cassa a dirigere egregiamente l’orchestra.

Rumination, come Beware the Wolf, è un altro “pezzo alla Exhorder”, anche se leggermente meno bello dell’altro.

The Arms Of Man è sicuramente il meno bello del disco, tutto lento, quasi privo di groove, da skippare senza rimorsi.

Ripping Flesh, invece, torna a farti muovere il capoccione. Sembra un classicone di fine anni ’80, di quelli a manetta dall’inizio alla fine.

Mourn The Southern Skies si chiude con il brano omonimo. Si tratta di un pezzo folle. L’intro acustico ti confonde, tanto che ti aspetti una ballad, mentre parte una canzone simil-stoner di quelle molto acide. Durata traccia: 9 minuti…

Che dire, le conclusioni sono in cima alla recensione. Procuratevi il disco e fatene buon uso.