Dead Heat – World At War (2021, Triple B Records)

Dead Heat – World At War (2021, Triple B Records)

Giugno 13, 2021 Off Di fr3ng

A due anni da Certain Death, tornano i Dead Heat con World At War, LP uscito il 4 giugno per la sempreverde Triple B Records.
Per chi non li conoscesse, i Dead Heat sono un quintetto di Oxnard, CA, che negli ultimi anni si è fatto valere nella scena crossover thrash statunitense.
Il disco si potrebbe descrivere molto sinteticamente: si tratta di dodici tracce di un crossover che, a dispetto dell’estetica e delle grafiche squisitamente thrash, musicalmente è perfettamente bilanciato tra la componente metal e quella hardcore punk.
In questo c’è certamente coerenza con le uscite precedenti, nelle quali è altrettanto evidente la coesistenza tra i due mondi.
World At War si presenta all’ascoltatore con la bomba Subterfuge, iniziata da un minuto di intro in midtempo di evidente ispirazione SOD, per poi proseguire con i restanti 32 minuti, tra riff che chiamano il mosh ogni tre per due e divebombs gonfie di delay e riverbero.
Per quanto lo stile sia profondamente stereotipato, esso è caratterizzato da alcuni aspetti che lo rendono a suo modo unico: in primo luogo, da un gruppo crossover californiano ci si aspetterebbe un sound, appunto, californiano, magari scopiazzato ai vari Excel, Suicidal Tendencies, Uncle Slam o al limite di ispirazione Bay Area. Sebbene alcuni passaggi ricordino effettivamente quelle esperienze musicali, sembra prevalere nei Dead Heat, invece, un sound ispirato alla costa orientale, in particolar modo al thrash e all’hardcore newyorkesi, soprattutto nelle ritmiche e nel cantato.
In secondo luogo, a caratterizzare lo stile dei Dead Heat è sicuramente il suono. Non siamo davanti a suoni moderni, plastici e puliti, anzi. Il suono è profondamente old school, con chitarre sporche e crunchy (forse con una punta di chorus sulle ritmiche) che chuggano fino a un certo punto.
I testi si alternano tra tematiche strettamente personali [What the fuck was I thinking? / How did things turn out this way? / Cant you see that you betrayed / anyone who believed you’d changed (Subterfuge)], denuncia sociale [Uncle Sam makes us suffer again / making us all enemies, no friends / Giving us pennies of what we’ve earned  /No matter how hard we work there’s no return (Sick Society)] e considerazioni esistenziali [All these fears that live in the back of my mind / Making choices and feeling the pressure of time (How It Goes)]. Anche questo aspetto, oltre a quello strettamente legato al sound, contribuisce a bilanciare il risultato finale ottenendo un prodotto tanto metal quanto punk.
Il pezzo che preferisco è quello più particolare nonché il meno punk di tutti, ovvero la traccia numero 11, Last Call, una specie di tributo al NWOBHM cantato come lo canterebbe Eddie Sutton.
La traccia più trascurabile invece è la n.6, Interlude (Passions), un interludio palesemente buttato là per fare minutaggio.
Concludendo, World At War è un disco che metterebbe d’accordo più o meno tutti, dal capellone con gilet di jeans e toppe al kid in cargo e Air Jordan. Ascoltatelo (in streaming sui vari Bandcamp, Spotify, YouTube eccetera) e se vi piace compratelo (Triple B è decisamente ben distribuita in Europa).