Davide Mancini – Dartworks (intervista)

Davide Mancini – Dartworks (intervista)

Maggio 5, 2020 Off Di fr3ng

Davide Mancini aka Dartworks è un artista particolarmente quotato nell’underground italiano, molto attivo come illustratore musicale e non solo, per diversi anni vocalist metal e hardcore e da qualche anno sulle scene anche come tatuatore. Ho avuto il piacere di fargli qualche domanda in queste giornate di confinamento.

Visitate le sue pagine sui social network (le incollo in calce all’articolo)!

Ciao Dave. La prima domanda non può che essere legata al periodo che stiamo vivendo. Come stai affrontando il lockdown? Sensazioni sul futuro?

Ciao Frank, inizio ringraziandoti per lo spazio e rispondendo alla tua domanda con una “E guardo il mondo da un oblò”, anche se più che a bordo di una nave sembra mi sembra d’essere in apnea dall’interno di una di quelle sfere di vetro natalizie, quelle che se agitate si riempiono di finto nevischio, per intenderci. E’ una sensazione di stordimento, uno straniamento che però tutto sommato sto affrontando prolificamente. Le giornate passano tra il tavolo da disegno, musica, libri, film che erano sulla lista da un po’ di tempo, qualche volta giardinaggio spicciolo, maldestri tentativi di attività fisica e uscite saltuarie per fare spesa. Tolto il fatto che la distinzione fra i giorni non sembra molto labile, il fatto di non poter bere una birra con gli amici/e, tatuare, partecipare a concerti e ai vari festival di illustrazione che si sarebbero tenuti proprio in questo periodo, che per me sono un’enorme carica, non mi pesa stare a casa, perché tutto sommato essendo un disegnatore sono abituato ad una semi quarantena. Cerco di sfruttare il tempo come meglio posso, sviluppando idee e bozze che avevo in sospeso da un po’, ma anche dedicandomi  a cose nuove per me. Robe semplici come imparare a fare una torta mi regalano soddisfazione. Mi ritengo fortunato ad essere in una situazione del genere in questo periodo e sono consapevole del fatto che non tutti possano dire altrettanto. Penso a chi una casa non ce l’ha, chi sta vivendo tutto questo in piena solitudine lontano dai propri affetti, chi è ammassato in celle minuscole, chi non sa come pagare affitto e bollette perché in difficoltà con il proprio lavoro o vive in un piccolo appartamento e magari in una condizione di disagio verso il proprio partner, familiari, coinquilini o chiunque sia. In certi casi credo che sia lecito il bisogno di “sgranchirsi le ossa” in un luogo che non sia il  balcone di casa, che per alcuni si è trasformato in un avamposto psicotico – inquisitorio. Capisco assolutamente il trovarsi smarriti in una situazione senza precedenti in questo secolo, ma mi sembra che alcune persone abbiano spento il proprio lume della ragione, ingaggiando l’ennesima  guerra fra poveri. Riguardo il futuro, personalmente mi sento avvolto in un limbo di interrogativi. Si parla tanto di riflessione in questi mesi  e dal mio canto vedo questo freno come  un’occasione per  ripensare al mondo e al modo in cui viviamo, dato che quest’ emergenza  ci da l’ennesima riprova di come le disparità sociali si siano acuite ulteriormente  e del fatto che il mercato e il profitto prevalgono ancora una volta sulla vita e sull’ambiente. Ci sono stati molti episodi di solidarietà che spero non restino casi isolati una volta terminato il periodo e possano evolvere in un maggior sviluppo delle coscienze individuali e dell’empatia.  Mi piacerebbe potesse essere questo il punto di ripartenza, ma la convinzione di chi millanta di avere il lavoro come suo unico credo, continuando a perseverare in un modello di vita e di crescita insostenibile dal pianeta e dalla la qualità della vita stessa,  ho paura che lo striscione “andrà tutto bene” non sia più di un lenzuolo messo su un motore pronto per essere riacceso più rombante di prima. Spero di sbagliarmi.

Sei un illustratore underground molto quotato. Mi racconti qual è stato il tuo percorso e come sei arrivato a fare del disegno più di una semplice passione?

Penso alla mano del protagonista di Videodrome, e immagino quasi la stessa cosa con la mia sinistra ma con la matita che sostituisce la pistola. Quella di disegnare è una necessità che ho fin da bambino, diventata qualcosa di irrinunciabile e che con il tempo è cresciuta evolvendosi sempre di più,  alimentata da varie arti a sua volta: il cinema d’animazione e non, il fumetto, la pittura, la lettura e la musica. Quest’ ultima, in particolare “quella caciarona”, con  il suo immaginario m ha dato “il colpo di grazia”(visto che ero già dentro a generi come horror e fantascienza) incidendo parecchio sulla mia persona e il mio universo.  Proprio questo naturale unirsi di due passioni mi ha spontaneamente portato,  durante gli anni dell’accademia di belle arti a propormi a band italiane ed estere per copertine, loghi, magliette e tutto quel che ha a che fare con l’illustrazione di merchandising. Il trampolino di lancio è stato uno dei primi social come myspace, dove ho mosso i primi passi e non mi sono più fermato.

Da qualche anno ti sei introdotto nel mondo del tatuaggio. Cosa ti ha spinto ad approcciare questo ambito? Ti piace?

Riallacciandomi alla risposta di prima, le copertine di Riggs e Repka sono state l’elemento che mi ha fatto appassionare ad un determinato tipo di cultura, per cui la fascinazione verso i lavori di gente come Paul Booth e Aaron Cain su membri di Slayer, Biohazard, Pantera, Sepultura, Machine Head e Fear Factory, non è tardata ad arrivare. E’ stata proprio quella la fonte del mio avvicinamento al mondo del tattoo. Insomma, ancora una volta è tutta colpa di sta maledetta musicaccia ahah! Gli aghi e la macchinetta mi piacciono, ma prima di tutto sono un disegnatore. La cosa che mi ha spinto ad imparare a tatuare, è stata proprio la voglia di trasferire anche su pelle quel che già facevo e faccio su carta, che per me rimane un supporto insostituibile.

Molti artisti scelgono di spostare la propria attività trasferendosi nelle grandi capitali europee. Tu invece hai deciso di rimanere in Abruzzo. Come mai? Inoltre, pensi che questa scelta ti penalizzi in qualche modo?

Ti sembrerà strano, ma vuoi per via dell’impatto iniziale in una metropoli alle quali non sono abituato, vuoi perché a dispetto di quel che disegno sono un amante del sole e della tranquillità, ma dirla tutta non ho mai pensato seriamente di trasferirmi fuori dalla penisola almeno per adesso. Dipende da quello che si cerca e da quello che si riesce a trovare. Sicuramente il vivere in un ambiente culturalmente più attivo e stimolante e confrontarsi con altre persone, per quello che faccio è molto importante, ma una realtà medio grande italiana non particolarmente caotica e dove magari si possa girare in bici mi basterebbe. Per adesso ho ancora l’Abruzzo come base e viaggio per  partecipare a festival, mostre e quant altro. Sicuramente sarò  penalizzato per questo, anche se non credo in maniera critica, ma non escludo di spostarmi quando la situazione cambierà

Hai cantato in diverse band. Hai ancora qualche progetto o hai abbandonato la musica “suonata”?

L’ultima esperienza in campo musicale risale al 2015 quando ho smesso di cantare con la band metal core di cui ho fatto parte per quattro anni. Da lì mi sono buttato interamente sul disegno e il tatuaggio, pur continuando comunque a frequentare circuiti musicali che sono un’imprescindibile parte di me. Anche se all’effettivo non mi sono attivato per tornare a suonare nuovamente, non ti nego che il pensiero di riformare una band, specie in un periodo più o meno recente dove sarebbe potuta essere un’ottima valvola di sfogo, non mi abbia mai sfiorato. Anzi, sfrutto queste righe per dire che mi piacerebbe tornare ad urlare dietro il microfono roba sulla scia di Integrity, All pigs must die, Entombed, Trap Them e Disfear!

Come sappiamo, è difficile campare muovendosi esclusivamente all’interno dei circuiti underground. Riesci a collaborare anche con realtà più “ufficiali” (agenzie, aziende, ecc…)?

Sì, fatta eccezione per bands underground  prettamente metal, rap e hardcore, ho messo dell’ inchiostro anche su marchi sportivi, in particolare di skateboard,  gruppi elettro cumbia con un discreto seguito mondiale come i Dengue Dengue Dengue per i quali ho curato l’intero artwork del loro ultimo disco, o la cantina brassicola Cà del brado per la quale disegno etichette e merchandise da tempo e infine un’agenzia sul territorio italiano per la quale ho curato la parte illustrativa di alcune campagne pubblicitarie. Alcune cose si discostano totalmente da quello che realizzo solitamente, ma finora non mi è mai stato impedito di mettere del mio anche in queste cose, quindi va bene così.

Qual è il lavoro più soddisfacente che hai fatto?

Vedere le proprie illustrazioni stampate su un vinile doppio gatefold, distribuito in tutto il mondo fa sempre un certo effetto e mi lascia sicuramente un senso di appagamento, motivandomi ulteriormente. Il disco di cui parlo è Zenit & Nadir dei peruviani Dengue Dengue Dengue, l’album che ti accennavo prima. E’ un lavoro a cui sono particolarmente legato grazie soprattutto alla sua genesi. Conobbi i due ragazzi di questo progetto musicale al Ratatà 2017 (festival di illustrazione e fumetto indipendente marchigiano), mentre da visitatori si aggiravano lungo la mostra mercato, fino a fermarsi al mio tavolo per dare uno sguardo alle stampe. Non essendo avvezzo al loro genere musicale non sapevo minimamente chi fossero e loro si presentarono dicendomi che quella sera avrebbero suonato in città e che erano interessati ad una mia stampa per la copertina del loro nuovo disco in prossima uscita. L’immagine in questione consiste in un  lupo trafitto da frecce che ospita al suo interno uno scheletro umano e scorrazza liberamente immerso in un paesaggio notturno. Alla fine il disco uscì con un’altra copertina per volere della label, ma dopo due anni i ragazzi mi ricontattarono per usarla come copertina di un altro loro imminente album, per svilupparvi intorno l’intero artwork e il loro nuovo logo. Il risultato ora è su un disco portato in giro per il globo, andato sold out in preorder e che adesso è già alla sua seconda stampa. Premetto che ogni lavoro che faccio mi appaga e non lo consegno se prima non soddisfa a pieno me, ma ad alcuni come questo sono particolarmente affezionato per la storia che si portano dietro.

Coltivi altre passioni oltre al disegno e alla musica?

Per un paio di anni ho frequentato un dojo di Karate Goju Ryu che accompagnavo con incursioni nel wing chun e nel Jeet kun do. Col tempo però è sceso l’entusiasmo e ho preferito sospendere, mentre la passione per le arti marziali è comunque rimasta. Due costanti che invece continuano ad accompagnarmi sono il cinema e la lettura. Non disdegno cose più recenti, ma questo periodo prediligo più film storici. In questi mesi ho recuperato Metropolis di Friz Lang, lo sceneggiato su Antonio Ligabue interpretato dal mitico Flavio Bucci, passando per alcune pellicole di Monicelli, Pasolini e Petri che finalmente sono riuscito a vedere. Appena posso divoro libri di narrativa, saggi, riviste di attualità, fumetti e graphic novel. Una delle ultime è stata “Heimat” di Nora Krug, illustratrice e scrittrice tedesca che imbarcatasi in una ricerca durata anni è riuscita a far luce sui misteri che avvolgevano la vita di suo nonno ai tempi della germania nazista. Un racconto capillare che concentrandosi più o meno su una sola persona, inquadra bene le condizioni di vita in quel triste periodo storico. Una singolare modalità narrativa fra fumetto e documentario che mi è piaciuta particolarmente e che ho scoperto grazie alla mostra presentata lo scorso Novembre a Bologna in occasione del BilBolBul festival.

 

Siamo ai saluti. Grazie mille del tuo tempo Dave. Speriamo di vederci presto!

Ti ringrazio ancora per la chiaccherata, e in bocca al lupo per per le prossime uscite. Ci vediamo presto sicuramente!